In Italia, diciamolo, non siamo mai stati "campanilisti" dal punto di vista linguistico: sono centinaia i termini introdotti nel lessico comune e provenienti soprattutto dal vocabolario inglese.
Già parole come computer, mouse, software fanno parte integrante del nostro modo di parlare e d'altronde non è che ci si sia dati molto da fare in passato per trovare dei termini adeguati in lingua italiana per questi oggetti. Certo, potremmo anche azzardare una frase del tipo "ho l'elaboratore in panne" (traduzione di "mi è crashato il computer") ma come facciamo con il "topo"? Si rischia davvero di "parlare e non capirsi"!
Anche in Poste Italiane da qualche anno (2006, per precisione) la lingua inglese è entrata in modo massiccio nel lessico aziendale (e non solo). Così tutte le funzioni, le divisioni amministrative, gli uffici si chiamano molto "semplicemente" Business Unit, Chief Network and Sales Office, Chief Operating Office oppure Legal Affairs, Real Estate, Country Manager. E persino l'ing. Sarmi ha il titolo di Chief Executive Officer anzichè il più comprensibile e compendioso "Amministratore Delegato"!
Pure la filatelia non è esente da questo "slang": tutto ciò che riguarda i francobolli viene gestito dalla Business Unit Philately, della quale è responsabile la Vice President Marisa Giannini. A proposito di "Business Unit" (o BU in sigla), in inglese non dovrebbe essere più corretto dire "Philately Business Unit", "Postal Services Business Unit", ecc.?
Per non parlare poi delle comunicazioni interne in cui è tutto un fiorire di focus e overview, retail market e human resources, roll-out e payroll giving, e quant'altro.
Naturalmente, come già detto, la lingua italiana non è così generosa e ci si deve adeguare continuando ad utilizzare vocaboli stranieri altrimenti intraducibili: e-learning, ICT, internet, web, sim, solo per citarne alcuni.
Da qualche settimana, però, qualcosa sembra essere cambiato e anche il nostro operatore postale pubblico ha scoperto che... "italiano è bello". E che pure nelle comunicazioni aziendali la "chiarezza" e l'"immediatezza" sono requisiti fondamentali prima ancora dell'efficacia (indubbia) assicurata dall'uso del vocabolario di Sua Maestà.
Un cambiamento di tendenza confermato da uno stringato Ordine di Servizio dello scorso novembre firmato dallo stesso Ing. Sarmi: Poste Italiane desidera promuovere un maggior utilizzo della lingua italiana pur all'interno di un "linguaggio differenziato in funzione delle occasioni e del contesto di riferimento". In altri termini, l'italiano diventa lingua prioritaria nelle comunicazioni interne aziendali e in quelle verso la clientela nazionale, mentre la terminologia inglese resta valida per "farsi capire" quando si comunica con l'estero.
Ecco, allora, alcune delle nuove denominazioni adottate da Poste Italiane per le funzioni di business:
Servizi Postali = Business Unit Postal Services
Corriere Espresso e Pacchi = Business Unit Express and Parcels
Filatelia = Business Unit Philately
BancoPosta = Business Unit BancoPosta
Mercato Privati = Retail Market
Clienti Affari = Business Customers
Servizi al Cliente e Qualità = Customer Services and Quality
Anche se non del tutto chiaro (come si chiameranno infatti i titolari delle nuove funzioni? Forse, semplicemente, "responsabili"!?) è però immaginabile che si sia tornati all'italiano anche per identificare amministratore delegato, vice-presidenti e tutti gli altri ruoli aziendali.
L'iniziativa messa in atto da Poste Italiane non può che essere interpretata in modo estramemente positivo. Non saremo certo come i cugini d'oltralpe che hanno addirittura una legge dello stato che abolisce (e vieta) l'uso di neologismi stranieri, ma un pò di "amor patrio" anche nella lingua non guasta di certo. A cominciare proprio dall'amministrazione postale che grazie alla sterminata rete di uffici e sportelli sul territorio, costituisce, probabilmente, il principale punto di accesso ai servizi pubblici erogati da uno Stato. E uno degli elementi distintivi di uno Stato è proprio la lingua.
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