Anche questo Natale lo trascorreremo in compagnia di Storie di Posta, il trimestrale dell'Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale, giunto al ventiquattresimo numero.
Che la filatelia stia cambiando, è un dato. Da anni ormai il collezionismo (almeno quello italiano) dei "pezzetti di carta dentellata" sta vivendo una profonda crisi d'identità , aiutata in questo suo lento declino, dalla progressiva e costante scomparsa del francobollo oltre che da scelte "di politica filatelica" quasi sempre... anti-innovative.
Uno dei meriti di Storie di Posta, che esce come "Speciale" di Cronaca Filatelica dal 1999, è proprio quello di riuscire (grazie alle capacità di analisi dei suoi "accademici" autori) a recepire, decifrare e sintetizzare questi cambiamenti, promuovendo la discussione, la critica e, speriamo pure l'auto-critica (in chi sentisse di doverla fare!).
Torna Franco Filanci con un bell'articolo di "Storia postale e deformazioni collezionistiche" ovvero di "Una strana cosa chiamata non emesso", argomento già affrontato in uno degli scorsi numeri di CF ma che qui viene maggiormente sviluppato. La questione dei cosiddetti francobolli "non emessi" è materia importante tant'è che esistono "i veri non emessi" e, tutt'intorno, un gran numero di oggetti più o meno originali che sono "tutt'altra cosa che non emessi".
Filanci descrive puntualmente, e con ricchezza di iconografia, cosa siano i non emessi: quei francobolli, cioè, "che rispondono alla definizione classica di non essere stati posti in corso quando era già pronta per la distribuzione almeno una prima e consistenza fornitura". Ed ecco che partendo da questa definizione, saltano fuori dai vari cataloghi, non emessi "per altri motivi" (furti, suicidi, o eventi abortiti all'ultimo minuto come il "Ventennale dei fasci sammarinesi" che non vide mai la luce perchè nel 1945... finì il Fascismo!), non emessi "in giallo" (quei francobolli, cioè, per i quali non esiste la certezza che vi sia stata una tiratura iniziale o l'emissione è avvenuta in modi diversi dal previsto) e "saggi" di valori mai emessi. E in quest'ultima categoria c'è davvero di tutto (compreso il recentissimo Donne nell'Arte da 900 lire e addirittura il K2 del 1955) che di "non emesso" hanno poco o nulla proprio perchè sono conosciuti in diverse versioni e colori, "come è naturale quando si è ancora in fase preparatoria".
Danilo Bogoni, dopo l'articolo su CF di dicembre, torna sui francobolli coloniali italiani e sugli esiti (e sulle scoperte) della sua visita all'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, erede di quello che fu il patrimonio "postale e filatelico" del Museo Coloniale. "Tanto lavoro per poco" ripercorre il concorso bandito nel 1936 per la realizzazione di una nuova e più organica serie di francobolli per il neonato Impero italiano, ovvero per quella che, un pò pomposamente e scopiazzando dai francesi, si chiamò "Africa Orientale Italiana". Il concorso produsse ben 192 bozzetti, ma solo 10 furono quelli prescelti per la nuova serie coloniale. E degli altri che fine ne è stata? E' probabile che la maggior parte sia stata riconsegnata ai rispettivi autori ma un buon numero, quarantacinque, rimasti per decenni negli archivi dell'IsIAO, sono stati rispolverati e vengono mostrati per la prima volta ai collezionisti sulle pagine di Storie di Posta, con le attente valutazioni critico-artistiche di Bogoni.
"Lo scambista è nel casotto", di Luigi Ruggero Cataldi, narra di uno dei protagonisti meno conosciuti del servizio postale, ripercorrendone la storia con documenti, riferimenti normativi, decine di riproduzioni di annulli postali. Lo scambista era (ed è tuttora, anche se in forme diverse, essendo stato il trasporto ferroviario delle corrispondenze sostituito con quello aereo) una delle pedine più importanti, "la cerniera", come scrive Cataldi, "che lega l'ultima fase del trasporto degli effetti postali con le operazioni di recapito della corrispondenza".
"I collezionisti parlano genericamente di lettere, visto che a loro sovente interessa soltanto l'affrancatura". "Ma quanti generi di lettera esistono?". La risposta ce la fornisce Lorenzo Carra il quale ricorda come da sempre sono esistite lettere di ogni tipo, commerciali, anonime, circolari, di raccomandazione e quelle... "di viaggio". Nel suo articolo, "Sulle orme di Goethe", Carra propone infatti la traduzione di una lettera del 1834, da Napoli a Skofde, in Svezia, da lui stesso acquistata durante un viaggio negli USA. Apparentemente banale, ricca soltanto del fascino "postale" di quei tempi (per via dei numerosi segni di tassazione) la lettera ha ben presto svelato il suo contenuto: è una vera e propria "relazione" di un viaggio in Italia del mittente svedese, sulla scia dei "Grand Tour" tipici di quell'epoca, che conducevano in lungo e in largo, nella nostra penisola, "i rampolli delle più ricche famglie europee". Tra i quali proprio Johann Wolfgang Goethe che, tra il 1786 e il 1788, scrisse numerosissime "lettere di viaggio".
Sin dai primissimi numeri, Storie di Posta ci ha abituati ad una nuova terminologia che, forse, ha poco a che fare con i francobolli e che, piuttosto, riguarda altri ambiti di studio e ricerca, dalla linguistica alla sociologia, dalla diplomatica alla paleografia. In altri termini, di tutto ciò che ruota attorna alla "lettera", considerata non solo come supporto per il francobollo ma, soprattutto, come contenitore di storie, linguaggi e modi di comunicare di tutti i tempi. Di questo, tra l'altro, hanno scritto Clemente Fedele e Giorgio Tabarroni in "La lettera e la storia postale - Appunti per Operatori dei Beni Culturali", un volume edito dall'Accademia e che raccoglie le esercitazioni collegate ai corsi di "Scienze ausiliarie della storia" tenute dal Prof. Tabarroni tra il 1989 e il 1996 all'Università di Ravenna. Per l'occasione, Riccardo Ajolfi scrive "I tanti modi di leggere una lettera" proponendo i suoi "prolegomeni" (dal greco, proléghein, "dire prima") a questo libro, una sorta di trattazione introduttiva per chi voglia avvicinarsi alla lettura del volume. Anzi, quasi un compendio al volume stesso e alla materia trattata, ben più complessa e articolata, ricorda Ajolfi, della definizione semplicistica che ne dette il grande Benedetto Croce nel suo Breviario di Estetica del 1913: una lettera "è ciò che tutti sanno cosa sia".
A corollario dei numerosi articoli di questo numero "invernale" di Storie di Posta, gli "Spunti e Appunti" di Franco Filanci, piccole e grandi storie nascoste dietro francobolli, annulli, lettere apparentemente banali e le "Novità di Poste & Dintorni" di Danilo Bogoni, con l'attualità postale, dalla neonata Raccomandata 1 agli obiettivi di qualità dei servizi postali.
Infine, "Il club dell'occhio attento", con tantissime recensioni di libri, cataloghi e riviste, compreso il nuovo "Forum" della Bolaffi.
IN EDICOLA
Storie di Posta n. 24 (Dicembre 2007 - Febbraio 2008)
"Speciale" Cronaca Filatelica
Autori: vari
Editore: Editoriale Olimpia, Firenze
Prezzo: 6,00€
Che la filatelia stia cambiando, è un dato. Da anni ormai il collezionismo (almeno quello italiano) dei "pezzetti di carta dentellata" sta vivendo una profonda crisi d'identità , aiutata in questo suo lento declino, dalla progressiva e costante scomparsa del francobollo oltre che da scelte "di politica filatelica" quasi sempre... anti-innovative.
Uno dei meriti di Storie di Posta, che esce come "Speciale" di Cronaca Filatelica dal 1999, è proprio quello di riuscire (grazie alle capacità di analisi dei suoi "accademici" autori) a recepire, decifrare e sintetizzare questi cambiamenti, promuovendo la discussione, la critica e, speriamo pure l'auto-critica (in chi sentisse di doverla fare!).
Come al solito, ad animare, sin dalle prime pagine, il magazine dell'Accademia è Franco Filanci, uno dei due "curatori-redattori", insieme a Clemente Fedele. Penna "pungente" (ma anche "matita" eccezionale) Filanci apre questo numero 24 con un editoriale che "rubacchia il titolo" (ma vuol essere pure un omaggio al regista) dall'ultimo film di Ermanno Olmi: "Millechiodi" parla della passione per il francobollo e di come questa sia ormai ingabbiata, anzi "inchiodata", a schemi, abitudini e interessi "senza futuro". Ma la filatelia è tutt'altro che "moribonda", ci rassicura Filanci, "anzi a dimostrarne la vitalità sono il sempre crescente numero di aste, di pubblicazioni, di siti internet".
Ma bisogna adeguarsi ai cambiamenti, riscoprendo "i mille aspetti della posta, le mille possibilità che offre di appassionarsi, divertirsi, imparare cose nuove dal vivo della quotidianità postale di ieri e di oggi". Parole che a ben rileggerle, sembrano proprio il manifesto programmatico (ovvero, la mission) della rivista stessa.
E non si va lontano da questa filosofia con "Aspettando la Posta", l'articolo di Mario Rigoni Stern, lo scrittore-filatelista di Asiago, autore nel 1953 de "Il Sergente nella neve", opera dalla quale sembrano riprese piccole e grandi storie personali, di guerra e di posta del periodo 1940-1945. Di quando il "sergente nella neve", giovanissimo militare in quell'esercito che Mussolini volle impegnare dal fronte francese a quello russo, viveva gli unici momenti importanti al fronte quando scriveva una lettera o una cartolina (naturalmente, in franchigia) o quando, anche sei più sperduti luoghi della ghiacciata pinanura russa, veniva consegnata la posta. Momenti unici, quinid, di evasione dalle tristezze della guerra (magari leggendo notizie dalla morosa) ma soprattutto unico sistema per mantenere le comunicazioni con le famiglie in Italia. Unico modo, ricorda ancora Stern, "che ci dava speranza". "In guerra dov'ero io, di donne non ne ho mai viste. Ma confesso che sinceramente sentivo più la mancanza di francobolli".Ma bisogna adeguarsi ai cambiamenti, riscoprendo "i mille aspetti della posta, le mille possibilità che offre di appassionarsi, divertirsi, imparare cose nuove dal vivo della quotidianità postale di ieri e di oggi". Parole che a ben rileggerle, sembrano proprio il manifesto programmatico (ovvero, la mission) della rivista stessa.
Torna Franco Filanci con un bell'articolo di "Storia postale e deformazioni collezionistiche" ovvero di "Una strana cosa chiamata non emesso", argomento già affrontato in uno degli scorsi numeri di CF ma che qui viene maggiormente sviluppato. La questione dei cosiddetti francobolli "non emessi" è materia importante tant'è che esistono "i veri non emessi" e, tutt'intorno, un gran numero di oggetti più o meno originali che sono "tutt'altra cosa che non emessi".
Filanci descrive puntualmente, e con ricchezza di iconografia, cosa siano i non emessi: quei francobolli, cioè, "che rispondono alla definizione classica di non essere stati posti in corso quando era già pronta per la distribuzione almeno una prima e consistenza fornitura". Ed ecco che partendo da questa definizione, saltano fuori dai vari cataloghi, non emessi "per altri motivi" (furti, suicidi, o eventi abortiti all'ultimo minuto come il "Ventennale dei fasci sammarinesi" che non vide mai la luce perchè nel 1945... finì il Fascismo!), non emessi "in giallo" (quei francobolli, cioè, per i quali non esiste la certezza che vi sia stata una tiratura iniziale o l'emissione è avvenuta in modi diversi dal previsto) e "saggi" di valori mai emessi. E in quest'ultima categoria c'è davvero di tutto (compreso il recentissimo Donne nell'Arte da 900 lire e addirittura il K2 del 1955) che di "non emesso" hanno poco o nulla proprio perchè sono conosciuti in diverse versioni e colori, "come è naturale quando si è ancora in fase preparatoria".
Danilo Bogoni, dopo l'articolo su CF di dicembre, torna sui francobolli coloniali italiani e sugli esiti (e sulle scoperte) della sua visita all'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, erede di quello che fu il patrimonio "postale e filatelico" del Museo Coloniale. "Tanto lavoro per poco" ripercorre il concorso bandito nel 1936 per la realizzazione di una nuova e più organica serie di francobolli per il neonato Impero italiano, ovvero per quella che, un pò pomposamente e scopiazzando dai francesi, si chiamò "Africa Orientale Italiana". Il concorso produsse ben 192 bozzetti, ma solo 10 furono quelli prescelti per la nuova serie coloniale. E degli altri che fine ne è stata? E' probabile che la maggior parte sia stata riconsegnata ai rispettivi autori ma un buon numero, quarantacinque, rimasti per decenni negli archivi dell'IsIAO, sono stati rispolverati e vengono mostrati per la prima volta ai collezionisti sulle pagine di Storie di Posta, con le attente valutazioni critico-artistiche di Bogoni.
"Lo scambista è nel casotto", di Luigi Ruggero Cataldi, narra di uno dei protagonisti meno conosciuti del servizio postale, ripercorrendone la storia con documenti, riferimenti normativi, decine di riproduzioni di annulli postali. Lo scambista era (ed è tuttora, anche se in forme diverse, essendo stato il trasporto ferroviario delle corrispondenze sostituito con quello aereo) una delle pedine più importanti, "la cerniera", come scrive Cataldi, "che lega l'ultima fase del trasporto degli effetti postali con le operazioni di recapito della corrispondenza".
"I collezionisti parlano genericamente di lettere, visto che a loro sovente interessa soltanto l'affrancatura". "Ma quanti generi di lettera esistono?". La risposta ce la fornisce Lorenzo Carra il quale ricorda come da sempre sono esistite lettere di ogni tipo, commerciali, anonime, circolari, di raccomandazione e quelle... "di viaggio". Nel suo articolo, "Sulle orme di Goethe", Carra propone infatti la traduzione di una lettera del 1834, da Napoli a Skofde, in Svezia, da lui stesso acquistata durante un viaggio negli USA. Apparentemente banale, ricca soltanto del fascino "postale" di quei tempi (per via dei numerosi segni di tassazione) la lettera ha ben presto svelato il suo contenuto: è una vera e propria "relazione" di un viaggio in Italia del mittente svedese, sulla scia dei "Grand Tour" tipici di quell'epoca, che conducevano in lungo e in largo, nella nostra penisola, "i rampolli delle più ricche famglie europee". Tra i quali proprio Johann Wolfgang Goethe che, tra il 1786 e il 1788, scrisse numerosissime "lettere di viaggio".
Sin dai primissimi numeri, Storie di Posta ci ha abituati ad una nuova terminologia che, forse, ha poco a che fare con i francobolli e che, piuttosto, riguarda altri ambiti di studio e ricerca, dalla linguistica alla sociologia, dalla diplomatica alla paleografia. In altri termini, di tutto ciò che ruota attorna alla "lettera", considerata non solo come supporto per il francobollo ma, soprattutto, come contenitore di storie, linguaggi e modi di comunicare di tutti i tempi. Di questo, tra l'altro, hanno scritto Clemente Fedele e Giorgio Tabarroni in "La lettera e la storia postale - Appunti per Operatori dei Beni Culturali", un volume edito dall'Accademia e che raccoglie le esercitazioni collegate ai corsi di "Scienze ausiliarie della storia" tenute dal Prof. Tabarroni tra il 1989 e il 1996 all'Università di Ravenna. Per l'occasione, Riccardo Ajolfi scrive "I tanti modi di leggere una lettera" proponendo i suoi "prolegomeni" (dal greco, proléghein, "dire prima") a questo libro, una sorta di trattazione introduttiva per chi voglia avvicinarsi alla lettura del volume. Anzi, quasi un compendio al volume stesso e alla materia trattata, ben più complessa e articolata, ricorda Ajolfi, della definizione semplicistica che ne dette il grande Benedetto Croce nel suo Breviario di Estetica del 1913: una lettera "è ciò che tutti sanno cosa sia".
A corollario dei numerosi articoli di questo numero "invernale" di Storie di Posta, gli "Spunti e Appunti" di Franco Filanci, piccole e grandi storie nascoste dietro francobolli, annulli, lettere apparentemente banali e le "Novità di Poste & Dintorni" di Danilo Bogoni, con l'attualità postale, dalla neonata Raccomandata 1 agli obiettivi di qualità dei servizi postali.
Infine, "Il club dell'occhio attento", con tantissime recensioni di libri, cataloghi e riviste, compreso il nuovo "Forum" della Bolaffi.
IN EDICOLA
Storie di Posta n. 24 (Dicembre 2007 - Febbraio 2008)
"Speciale" Cronaca Filatelica
Autori: vari
Editore: Editoriale Olimpia, Firenze
Prezzo: 6,00€
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